Il caffè è un prodotto magnifico: piccoli e grandi produttori declinano il chicco in fragranze, aromi e intensità sorprendenti – in una infinita varietà –che accompagnano piacevolmente le giornate dei consumatori. Ma per chi si occupa di packaging, il caffè rappresenta qualcosa di più: è una vera e propria sfida.
Conservare il caffè e mantenerne il più a lungo possibile gli aromi non è un lavoro semplice. Ossigeno, luce e umidità intaccano le sue preziose, quanto delicate, proprietà organolettiche – il corpo, l’intensità, gli aromi – acquistate grazie alla tostatura, mentre i chicchi da poco tostati emettono ancora anidride carbonica che deve poter defluire fuori dalla confezione. Un buon packaging per il caffè deve tenere conto di tutte queste variabili, proteggere da urti e rotture e allo stesso tempo comunicare al consumatore il valore del proprio prodotto. Insomma, non sono compiti da poco!
Luce, aria e umidità rovinano l’aroma del caffè
A donare aromi e corpo al caffè è il processo di tostatura. Il caffè – che naturalmente è di colore verde – durante la tostatura si modifica a livello chimico e fisico: ad esempio lo zucchero si caramellizza e gli acidi vengono scomposti. È la tostatura che rende unici i diversi caffè, regalando al prodotto le sue preziose proprietà organolettiche.
Il compito del buon packaging è quello di proteggere queste proprietà e conservarle più a lungo possibile, creando un effetto barriera contro gli agenti esterni più dannosi. Ovvero:
- Ossigeno: l’ossigeno danneggia il gusto del caffè e ne comporta la perdita di aroma. Il caffè in grani, ad esempio, se conservato all’aria inizia a perdere aroma dopo dieci giorni, diminuendone del 60% l’intensità in quattro, cinque settimane.
- Umidità: l’assorbimento dell’umidità dell’ambiente danneggia le proprietà aromatiche del caffè e favorisce la crescita di muffa, diminuendone la conservazione
- Luce: La luce deteriora gli oli superficiali del caffè e può condurre a reazioni indesiderate.
In che modo funzionano i diversi tipi di packaging di caffè? Vediamo insieme tre tipologie tra gli imballaggi più comunemente usati per confezionare il caffè con tutti i pro e i contro.
Il barattolo
Barattoli e lattine – in alluminio o in materiale composito – sono utilizzati per l’imballaggio e la conservazione del caffè in diverse occorrenze: sia per il caffè in chicchi che per quello macinato, e in dimensioni diverse per la ristorazione e l’uso domestico.
I barattoli spesso sono confezionati sottovuoto o riempiti con gas inerte e sono ermetici in modo da evitare il più possibile l’ingresso di nuovo ossigeno nel barattolo una volta aperto.
Come detto, i materiali usati possono essere diversi: ci sono barattoli completamente in metallo, altri accoppiano il cartone all’alluminio per garantire l’effetto barriera contro umidità e ossigeno e hanno un tappo in plastica.
Questa confezione è abbastanza pratica per l’uso casalingo, ma ingombrante, pesante e dispendiosa per il trasporto. Per la realizzazione del packaging si usa inoltre molto materiale ed energia, diminuendone la sostenibilità.
Il sacchetto sottovuoto
Quando si parla di caffè macinato e di grandi produttori, uno dei packaging per caffè più utilizzati è sicuramente il sacchetto sottovuoto. Anche in questo caso, i materiali usati possono essere diversi: uno dei mix più comuni accoppia uno strato di alluminio a materiali plastici come il PET e il PE.
Il sacchetto sottovuoto è molto pratico, resistente e solido per il trasporto. Prima dell’apertura riesce a mantenere praticamente intatto il prodotto per una durata di tre anni, fornendo una barriera importante contro luce, aria e umidità. Queste proprietà vengono però meno una volta aperta la confezione, quando inevitabilmente il caffè entra in contatto con gli agenti esterni e soprattutto con l’ossigeno. Per questo il prodotto deve essere poi trasferito dal consumatore in un altro contenitore– solitamente un barattolo o una busta flessibile.
Se usato per caffè in chicchi, il confezionamento deve avvenire dopo che il processo di degassificazione del caffè è completato.
La busta flessibile
Le buste in materiale flessibile sono tra i packaging di caffè più usati da piccoli e medi produttori e, spesso, sono associati dai consumatori a caffè premium, artigianali o di alta qualità.
Tra le buste più utilizzate ci sono le cosiddette stand-up pouch o doypack, buste che stanno in piedi da sole e che hanno un maggior volume da riempire grazie alla presenza del fondo. I materiali più classici sono l’alluminio, da solo o accoppiato con la carta così da mantenere l’effetto barriera e fornire una buona base per la stampa esterna. Altre scelte più sostenibili sono il film riciclabile che comunque fornisce un’eccellente protezione dall’ossigeno, e la carta riciclabile, anch’essa con barriera EVOH contro gli agenti esterni.
Questo tipo di packaging per caffè tendenzialmente è meno costoso rispetto al barattolo. È anche più sostenibile in quanto per produrre packaging flessibile si usano meno risorse e permette un trasporto più efficiente grazie alla sua leggerezza [perché il packaging flessibile è sostenibile lo abbiamo spiegato qui].
Particolarmente utili per la conservazione del caffè sono accessori come la zip richiudibile che permette di aprire e richiudere le buste dopo l'uso, aiutando a proteggere e mantenere le proprietà del caffè, e soprattutto la valvola di degasaggio. Il caffè in grani infatti continua a generare gas all'interno della confezione. Per evitare che questo gas faccia scoppiare la busta è necessaria la valvola di degasaggio che fa uscire l’anidride carbonica ma non fa entrare l’ossigeno, preservando l'aroma e la freschezza del caffè.
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