Secondo vari studi condotti da istituti di ricerca, il packaging sostenibile influisce sempre più nei comportamenti d’acquisto dei consumatori.
I dati di un sondaggio fatto da Nielsen nel 2015, evidenziano che il 66% dei consumatori globali afferma di essere disposto a pagare di più per prodotti provenienti da aziende che dimostrano un impegno verso la sostenibilità ambientale.
Mentre secondo un’indagine più recente condotta nel 2023 da GlobalWebIndex su un campione di oltre 3500 cittadini americani, ad indirizzare le scelte di acquisto al primo posto troviamo il prezzo del prodotto, un’opzione ordinaria soprattutto in un contesto di crisi dell'economia, ma subito dopo seguita dalla voce “riciclabilità” e “imballaggi sostenibili”.
Fonte: GWI
Ma partiamo dall’inizio: cosa vuol dire essere sostenibile? Quando possiamo affermare che il packaging è sostenibile?
Un’analisi corretta sulla sostenibilità di un prodotto deve tenere in considerazione svariati fattori e per farlo deve affidarsi ad uno strumento utilizzato per misurare l’impatto ambientale generato lungo tutto il suo processo di vita, il Life Cycle Assessment abbreviato in LCA.
Quest’analisi identifica i processi coinvolti nel ciclo di vita di un prodotto, a partire dalla creazione di ogni componente fino alla distribuzione e al fine vita.
Il doypack è un imballaggio flessibile il cui impatto ambientale lungo tutto il suo ciclo di vita è di molto inferiore a quello di imballaggi che nell’immaginario collettivo sono considerati più sostenibili. Consideriamo ad esempio il vetro: per molti consumatori un contenitore in vetro è sostenibile e rappresenta una scelta consapevole per coloro attenti alla salute e all'ambiente. Infatti il vetro è un materiale naturale e riciclabile al 100%, senza che ne venga compromessa la qualità, ma per produrlo, quante risorse vengono spese? Secondo un recente studio pubblicato su The International Journal of Life Cycle Assessment, riutilizzare fino a tre volte una bottiglia di vetro, abbassa la sua impronta di carbonio al livello di quella di una bottiglia di plastica usa e getta. Se la bottiglia di plastica viene riciclata, quella di vetro dovrà essere riutilizzata almeno venti volte perché la sua impronta di carbonio si abbassi ai livelli di quella della plastica.
Il vetro infatti per essere prodotto, necessita che vengano rilasciati gas inquinanti, come anidride solforosa e anidride carbonica, e che vengano estratti materiali come sabbia silicea, carbonato di sodio. In fase di trasporto, poi i contenitori di vetro hanno una grande impronta di CO2 a causa del loro peso e volume maggiore. Richiedono inoltre una grande quantità di imballaggi in cartone per assicurare che non si rompano.
Un packaging sostenibile: il Doypack
Della sostenibilità del nostro packaging, ne avevamo già parlato in un articolo del nostro blog (5 motivi per cui il nostro packaging flessibile è sostenibile (packstyle.com) e vogliamo ricordare che da uno studio commissionato dall’associazione Flexible Packaging Europe (FPE) e condotto dall’Istituto tedesco di Heidelberg per l’Energia e la Ricerca Ambientale (IFEU) le buste flessibili in multi-materiale utilizzate per confezionare olive e sughi per pasta, in confronto alle alternative dei barattoli in vetro e delle lattine in acciaio sono risultate molto meno impattanti, ovvero di oltre il 60%, rispetto alle alternative rigide.
Infatti il doypack, lungo il suo ciclo di vita ha un impatto ambientale basso.
Spesso l’opinione pubblica è influenzata da informazioni non sempre corrette o complete, analizzando infatti il Doypack lungo tutto il suo ciclo vitale emerge che il suo impatto è molto minore rispetto ad altre soluzioni che comunemente si credono più sostenibili. Informare e informarsi è il primo passo verso scelte consapevoli e rispettose dell’ambiente.