Il 5 febbraio ricorre la nona Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, lanciata nel 2014 dall’agroeconomista Andrea Segrè, coordinatore del Piano Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare (PINPAS) del Ministero dell’Ambiente.
Cosa è lo spreco alimentare e le conseguenze
Lo spreco alimentare è la dispersione di cibo ancora commestibile che si ha lungo tutta la catena di produzione e di consumo.
A grandi linee, lo spreco alimentare si aggira intorno ad un terzo di tutto il cibo prodotto per il consumo dell'uomo e, nei paesi ricchi, una grande parte dello spreco avviene da parte dei consumatori, mentre una restante parte viene dispersa durante il processo di produzione degli alimenti, della lavorazione, della vendita e della conservazione. Nei paesi in via di sviluppo, invece, lo spreco alimentare domestico è quasi nullo, ma si registrano numeri più alti nelle fasi intermedie di produzione o per problemi di conservazione.
Oltre al problema etico, spesso percepito distante dal mondo occidentale, lo spreco alimentare ha un forte impatto sulla biodiversità e sul clima: la stima riporta che la dispersione alimentare è la causa di emissioni di CO2 pari a 3,3 miliardi di tonnellate. Nella classifica a livello mondiale, dopo Cina e Stati Uniti, c’è lo spreco alimentare. Anche i cambiamenti climatici, correlati alle emissioni di CO2 influiscono sul problema perché riducono la produttività agricola e di conseguenza la disponibilità alimentare globale. Un vero e proprio circolo vizioso: da un lato si spreca il cibo, che produce gas serra, che mina la stessa produttività alimentare, facendo diminuire la produzione di alimenti.
In Italia
Secondo l’ultimo Food Sustainability Index, l’indice realizzato da Fondazione Barilla in collaborazione con The Economist Intelligence Unit, in Italia lo spreco pro capite annuale si aggira intorno a 65 kg, più della media europea (58 kg). In termini economici, se si considera l’intera filiera, lo spreco è di ben 10 miliardi di euro, che per ogni famiglia equivale a 260 euro annuali, pari all’8% della spesa media sostenuta per gli alimenti. A finire nel cestino sono soprattutto i prodotti freschi come i latticini per il 35%, il pane per il 19%, e la frutta e la verdura per il 16%.
Tuttavia nel 2020 c’è stata un’inversione di tendenza, complice anche il cambiamento dello stile di vita in conseguenza delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, smart working, ma anche un nuovo rapporto con il cibo e la cucina: per la prima volta i dati monitorati nelle case degli italiani registrano un calo dello spreco di circa il 25%. Cibo e salute sono il nuovo binomio degli italiani: 7 italiani su 10 (il 66%) ritengono ci sia una connessione precisa tra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo.
Buone pratiche
Evitare di buttare via l’invenduto e proporlo a prezzi più convenienti è una delle buone pratiche più conosciute e diffuse nel mondo occidentale, grazie al supporto tecnologico, come il caso dell’app Too Good To Go. Nata in Danimarca nel 2015 con l’impegno sensibilizzare la società sulle problematiche inerenti allo spreco alimentare, l’app è attiva in Italia da marzo 2019 e permette ai commercianti e ai ristoratori di mettere in vendita a prezzi ridotti il cibo invenduto a fine giornata e ai consumatori di acquistare «Magic Box» con una selezione a sorpresa di prodotti e piatti freschi che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo, a un terzo del prezzo di vendita.
Un’altra buona pratica è quella di scegliere i prodotti “imperfetti”, ovvero la frutta e la verdura scartata dai canali di distribuzione tradizionale perché non conformi alle dimensioni standard o con qualche pecca nell’aspetto. E’ il caso di Babaco Market, un abbonamento per ricevere frutta e verdura imperfetta con un risparmio fino al 30% rispetto alla vendita tradizionale in negozio.
Anche la formazione a 360 gradi è fondamentale per sensibilizzare i consumatori di tutte le età verso la tematica dello spreco alimentare.
Last Minute Market è una società spin-off accreditata dell'Università di Bologna che nasce nel 1998 come ricerca coordinata dal Prof. Andrea Segrè, che abbiamo citato anche prima. Dal 2019 è un'impresa sociale. Oltre alla parte di ricerca e analisi dati per conoscere le cause delle perdite, quanto si spreca e quali sono le ripercussioni economiche e ambientali, si occupa di formazione ad ampio raggio, intervenendo con progetti educativi nelle scuole e nelle aziende, con convegni e seminari oppure organizzando cene e pranzi con prodotti realmente recuperati.
Come il packaging flessibile Packstyle contribuisce alla riduzione dello spreco alimentare
Per quanto possa sembrare banale, anche prestare maggiore attenzione alle informazioni riportate sugli imballaggi contribuisce a prevenire e ridurre lo spreco alimentare.
“Fra le sfide che il 2020 ci ha messo davanti c’è stata anche quella di contingentare le uscite e fare acquisti con minore frequenza. Non sorprende che i consumatori siano sempre più attenti alle informazioni riportate sugli imballaggi, a cominciare da quelle sui termini di conservazione” ha affermato il presidente CONAI Luca Ruini.
Il report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability dello scorso anno, evidenzia che ben il 70% degli intervistati si dichiari disponibile a pagare di più per un imballaggio che consenta di conservare più a lungo il prodotto, evidenziando come il packaging non sia percepito come un semplice strato da rimuovere dopo l'acquisto, ma abbia un ruolo rilevante come strumento per ridurre gli sprechi.
Il packaging Packstyle, certificato per il contatto con gli alimenti, grazie alla stampa digitale permette di personalizzare completamente il proprio imballaggio, non solo nelle dimensioni o nella tipologia di busta, ma soprattutto dal punto di vista grafico, consentendo al produttore di apporre tutte le informazioni necessarie per la vendita del prodotto.
Inoltre il servizio di multigrafica Packstyle facilita i produttori perché permette di gestire all’interno dello stesso ordine, buste delle stesse dimensioni e formati, con grafiche e indicazioni informative diverse. Questo servizio permette di avere sempre packaging con informazioni precise e aggiornate.
La modalità di conservazione è un dato obbligatorio, tuttavia esistono accorgimenti affinché questa informazione non passi in secondo piano, come scelte grafiche ben visibili e poste correttamente sulle buste. A tal proposito, vi consigliamo la lettura dell’articolo del nostro blog Gli errori (comuni) da evitare quando disegnate il vostro packaging (packstyle.com).
Gli ultimi trend nel campo del packaging vanno nella direzione di imballaggi smart, soluzioni tecnologiche che migliorano la gestione della catena di approvvigionamento, la qualità del prodotto e l’esperienza del consumatore. Grazie alla stampa digitale, è possibile apporre sul packaging Packstyle QRcode per introdurre un valore aggiunto per il consumatore e ampliare l’offerta comunicativa dal punto di vista tecnico oppure più emozionale. Su questo tema trovate maggiori informazioni sul nostro blog La nuova frontiera del packaging? è Smart
I materiali delle buste Packstyle sono muniti di barriera EVOH che impedisce agli agenti esterni, come l’umidità e l’ossigeno, di penetrare all’interno e deteriorare il prodotto. Inoltre si tratta di buste resistenti che non necessitano, una volta aperte, di spostare il contenuto in un altro contenitore. Grazie alla chiusura ermetica a zip, gli alimenti all’interno possono essere consumati in più volte, conservandoli in modo integro.
Le buste Packstyle si adattano anche alla conservazione sottovuoto e in atmosfera protetta che grazie alla rimozione dei gas atmosferici dalla confezione, consente la loro sostituzione con una miscela di gas predeterminata, studiata per prolungare la stabilità dei prodotti alimentari e, conseguentemente, la loro shelf life.
Noi di Packstyle ci crediamo e i nostri packaging sono pensati affinchè il prodotto all’interno si conservi buono il più a lungo possibile, senza sprechi.
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